di Alina Di Mattia
L’altra faccia della medaglia, quella che nessuno si aspetterebbe.
Un paradosso culturale dai numeri inconfutabili: sono 5 milioni, in Italia, gli uomini vittime di violenze fisiche e psicologiche.
È quanto è emerso da uno studio condotto dal prof. Pasquale Giuseppe Macrì, docente di Medicina legale presso l’Università di Siena, su un campione di 1058 volontari.
Un fenomeno tutt’altro che marginale di cui non si discute, o di cui si discute troppo poco, dinnanzi alla drammaticità dei dati che riguardano la violenza sulle donne. Secondo stime Istat, infatti, sono 8.816.000 le donne che nel corso della loro vita sono state vittime di violenze e circa 1.400.000 quelle molestate e ricattate sul lavoro, mentre i dati sulle violenze a danno degli uomini, portati alla luce recentemente dall’Istituto di statistica italiano, si attestano sui 3.754.000.
Osservando inoltre i casi di denuncia per maltrattamenti domestici dal 2010 al 2015, ne è emerso che 578 riguardano vittime femminili e 345 quelle maschili. Un quadro inquietante che non dovrebbe essere analizzato sotto gli aspetti comparativi – come consigliava il sociologo ungaro-tedesco Karl Mannheim – bensì sull’evidenza dei fatti che non lascia spazio ad equivoci.
Il rischio maggiore è che sull’onda di una reale emergenza del fenomeno femminicidio si sottovaluti la violenza nella sua sostanziale forma, discriminando il genere maschile e violando il principio di uguaglianza della Giustizia.
Nonostante la Convenzione di Istanbul ratificata dall’Italia il 27 giugno 2013 che inserisce – per la prima volta in un trattato internazionale – la violenza femminile a danno degli uomini, le vittime maschili che subiscono violenze non denunciano e non chiedono aiuto, poiché consapevoli di doversi scontrare, inevitabilmente, con un atteggiamento di diffidenza e spesso di scherno, oppure perché sottoposti a ricatti affettivi familiari. Non a caso, una delle minacce più utilizzate dalle donne nei casi di maltrattamento del partner è proprio quella di togliere i figli all’uomo/papà.
“Soltanto un uomo su dieci confessa di aver subito una molestia.”
A rivelarlo è uno studio del team di psicologi dell’Associazione Donne e qualità della vita, guidato dalla dott.ssa Serenella Salomoni. Colpa di una società tendenzialmente androfoba e di una cultura dominata da pregiudizi legati al concetto di maschio: difficilmente un uomo vittima di violenza troverà ascolto in una struttura di accoglienza o avrà a disposizione un numero verde da chiamare.
Per capire la portata del fenomeno vi invito a guardare il filmato che segue. Dove non arrivano le parole forse arriveranno le immagini.
50 Sfumature di Violenza. Femminicidio e Maschicidio in Italia
La violenza non ha genere, la violenza non ha età; pertanto l’assunto donna vittima vs. uomo carnefice è da considerarsi ormai uno stereotipo. Negli ultimi anni, in particolare, c’è stato un considerevole aumento delle detenute donne nelle carceri del nostro Paese, ed è agghiacciante scoprire quanto e come, nei casi di bullismo a scuola, le femmine abbiano responsabilità maggiori rispetto ai loro compagni maschi.
Nel 2014, un’inchiesta del New York Times ha denunciato un’inquietante percentuale di violenze contro individui di sesso maschile. Uomini che subiscono molestie sessuali da parte di donne, bambini abusati da pedofili, detenuti stuprati all’interno delle carceri, ragazzi violentati per motivi legati ad omofobia, giovanissimi sodomizzati per bullismo, prigionieri seviziati in contesti di guerra, torture e vessazioni in occasione di interrogatori o durante il triste fenomeno del nonnismo nell’esercito, fenomeno che lo stesso esercito non riesce ancora a debellare.
Violenti: maschi e femmine senza alcuna distinzione.
Sono ex rancorosi non in grado di elaborare il lutto della separazione e spesso non disposti a concedere l’affido condiviso dei figli, conoscenti invidiosi, colleghi di ufficio competitivi che scatenano il cosiddetto mobbing lavorativo, aspiranti partner che non accettano il rifiuto, individui psicologicamente instabili che vedono nell’altro/a un/a possibile rivale in amore. Uomini e donne con il preciso intento di distruggere altri uomini e donne e usando qualsiasi mezzo a disposizione come denigrazioni, interferenze che frantumano la sfera privata e lavorativa della vittima, danneggiamenti e distruzione dei beni, ripetuti ed insistenti tentativi di contatto, diffamazioni anche via social, attenzioni non gradite.
La donna, dal canto suo, mette in atto tattiche di violenza psicologica meno eclatanti e più difficili da identificare rispetto a quelle attuate dagli uomini, ma non per questo meno efficaci. Consapevole del suo riconoscimento sociale, manipola la realtà fabbricando accuse attraverso la sindrome da falsa vittimizzazione di cui si parla nella letteratura scientifica americana o usando la cosiddetta pallottola d’argento: denuncia maltrattamenti e percosse mai avvenuti, abusi sessuali e stalking inesistenti che, negli Stati Uniti, e.g., provocano un immediato restraining order, ovvero l’allontanamento coatto dell’uomo/coniuge dalla propria casa e spesso dai propri figli senza bisogno di alcuna prova. In Italia è stato stimato che le accuse mosse dalla ex risultano essere false nel 92,4% dei casi.
Una violenza subdola che non lascia lividi ma che disgrega intere esistenze e legami familiari; difficile anche da collocare nella sfera delle violenze psicologiche, forse più vicina alla Battered Husband Syndrome o anche alle tecniche di Gaslighting, ovvero a quei soprusi ed angherie strategicamente pianificate che annientano la vittima fino a condurla, nel peggiore dei casi, alla pazzia o alla morte.
Eppure anche quest’anno la festa della donna si è trasformata, per l’ennesima volta, in festa contro l’uomo, il carnefice per antonomasia. Una misandria folle che dagli anni ’70 ad oggi ha coinvolto associazioni e movimenti femministi e femminili in una crociata contro il maschio, dimenticando che quel maschio è anche un papà, un nonno, un fratello, un figlio, un coniuge, la cui unica colpa è quella di essere, appunto, un uomo. Un uomo che non ha neanche il diritto di celebrare la sua Giornata Mondiale istituita il 19 novembre di ogni anno la quale, dal 2013, ovvero da quando è stata ufficializzata in Italia, passa sistematicamente inosservata.
C’è ancora difficoltà a identificare la violenza di genere, e ci separano anni luce dall’accettazione del concetto di donna/carnefice contro la comune rappresentazione mentale di donna/vittima. Il seguente esperimento sociale ne è la prova inconfutabile.
Nel Regno Unito, nell’ambito di una campagna istituzionale chiamata #BreakTheSilence, il sottosegretario alla Giustizia Damian Green ha messo a disposizione un nuovo fondo di 500 mila sterline a supporto degli uomini vittime di violenza sessuale. In Italia, l’Università di Arezzo ha presentato uno studio da cui si evince che “il fenomeno della violenza fisica, sessuale, psicologica e di atti persecutori, in accordo con la ricerca internazionale, vede vittime soggetti di sesso maschile con modalità che non differiscono troppo rispetto all’altro sesso”.
Quando finalmente avremo l’onestà intellettuale per fronteggiare il problema della violenza sugli uomini usando lo stesso approccio con cui combattiamo ogni giorno la violenza sulle donne, forse, solo allora, riusciremo a convivere armoniosamente tra i sessi.
La soluzione potrebbe essere racchiusa ancora una volta in una frase della scrittrice Barbara Benedettelli, autrice de Il maschicidio silenzioso e di 50 sfumature di violenza:
“Non si può sconfiggere il male se non si accetta la violenza in tutte le sue forme”.
ARTICOLO VINCITORE DEL PREMIO GIORNALISTICO ANGELO MARIA PALMIERI 2018
L’articolo è stato pubblicato dallo stesso autore su Il Faro24 nel 2018
Per approfondimenti: