di Alina Di Mattia
Era di una bella statura, un po’ sopra la media. Aveva la carnagione viva e bella, gli occhi pieni di fuoco, il naso grande e un po’ allargato alla fine, ma che nonostante tutto era abbastanza proporzionato al resto del viso, la fronte ampia e maestosa, i capelli castani e un po’ crespi; la barba più nera sempre sollevata con il ferro, il che gli conferiva un certo fascino. Si curava molto delle sue mani, che erano belle e pulite; scriveva bene, il che significa che il suo carattere era ben formato e ancor meglio sapeva dettare.
Era sempre molto profumato e bisognava parlargli molto presto al mattino per accorgersi se si sentisse o meno cattivo odore. Per quanto riguarda il suo spirito, che gli ha reso grandi servigi nella vita, era certamente fine, penetrante, astuto, saggio, giudizioso, modesto, grande e immenso. Aveva cuore, non si può dire il contrario, e sebbene alcuni scrittori abbiano cercato di farlo passare per timido, devo dire che non l’ho mai visto avere paura della morte fino a quando si è visto abbandonato dai medici. In tutti gli altri pericoli in cui si è trovato non ha mostrato debolezza.
Parlava bene e sempre in modo appropriato. Se scherzava, lo faceva senza malignità, e bisognava essere molto suscettibili per offendersi con le sue battute. La derisione non era proibita: “chi non ama essere deriso non deve andare a corte”, diceva. Poche persone, in verità, alla fine della sua vita, osavano prenderlo in giro in sua presenza, ma non è sempre stato così. Non l’ho mai visto parlare del suo breviario; potrebbe averlo conservato a Roma. Ascoltava la messa ogni giorno e riceveva la comunione nelle grandi feste; è sempre qualcosa. Del resto, non era scrupoloso, la pluralità di benefici non lo imbarazzava.
Dal feudo abruzzese all’arena europea
Il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino1 è stato uno dei ministri più potenti e allo stesso tempo più detestati che la Francia abbia mai avuto, eppure, per dirla con Georges Dethan, fu il più grande e sconosciuto ‘uomo di pace’ del Seicento, una pietra miliare della Grande Storia, la stessa che egli dominò superbamente.
Partito da un piccolo feudo abruzzese, divenne il personaggio chiave dei principali snodi strategici europei del XVII secolo; nella veste di primo ministro del re di Francia guidò la nazione fuori dalla Guerra dei trent’anni contribuendo alla realizzazione del maestoso quadro dell’assolutismo francese. Lungimirante e visionario, disegnò le basi geopolitiche di quella che sarebbe stata l’Europa moderna la quale, nonostante gli eventi che si susseguiranno nei secoli successivi, rimarrà pressoché uguale fino ai nostri giorni, influenzando con la sua architettura le relazioni internazionali con tutto il mondo.
Forte della scuola romana che gli aveva insegnato a «simulare e dissimulare», a lusingare con cinismo e maestria, Mazzarino sviluppò una sottile astuzia che ingannava anche i suoi fedelissimi. Capro espiatorio della politica reale in Francia e allo stesso tempo della politica papale a Roma, riuscì con singolare accortezza a «servire due padroni senza mai tradire né l’uno né l’altro, con una flessibilità e una gentilezza che quasi rasentava l’ipocrisia»2. Del resto lo ripeteva all’infinito: «Le monde est aux flegmatiques».
Se è vero che la sua carriera fu inizialmente determinata da oculate scelte familiari, è pur vero che riuscì a cogliere ogni opportunità che la vita seppe offrirgli. Si ritrovò fuggitivo in un Paese straniero che lo disprezzava, ma riuscì a trasformare ogni ostacolo in occasione di crescita. Trascorse parte della sua esistenza a difendersi, e dovette usare un’incomparabile abilità per combattere i suoi detrattori3. Se non avesse avuto quella pazienza certosina, se non fosse stato dotato di quella infinita capacità di adattamento che lo ha contraddistinto per tutta l’esistenza, probabilmente sarebbe stato relegato a un ruolo subalterno4. Perfino il cardinalato fu una conquista, un riconoscimento eccezionale che veniva solitamente concesso ai figli cadetti dei principi e ai nipoti dei papi, e comunque a pochi eletti.
Fu la sua lungimiranza a forgiare Luigi XIV, il futuro Re Sole, fu la sua ostinatezza a trasformarlo nel sovrano più potente del suo tempo. Da straniero e senza coinvolgimenti emotivi aveva colto le potenzialità del Regno che il suo popolo non vedeva: il suo orizzonte era l’Europa e al centro di tutto c’era il Re sul quale investì tutta la sua vita5. La più grande generosità che ebbe nei confronti di quel Paese che mai lo amò, la dimostrò quando firmò l’esilio della nipote Maria Mancini impedendole di fatto il matrimonio con Luigi XIV6. Malgrado tutto, la memoria di colui che fu l’arbitro dei destini del mondo è rimasta ancorata a una campagna di denigrazione perdurata quattro secoli, che ha svilito l’eccezionale operato di una carriera votata alla riaffermazione della pace e degli equilibri nazionali, la cui azione è visibile ancora oggi. Riconoscere il valore del suo contributo è un elemento cruciale per una comprensione più accurata della storia e per la formazione del tessuto storico della comunità.
Analisi critica e revisione storiografica
Le difficoltà nel ricostruire la figura e l’opera del Cardinale vanno ricercate nella molteplicità delle interpretazioni varie e contraddittorie tra loro, nella banalità dei pregiudizi e nel discredito generale compiuto nei confronti di uno straniero al comando della Francia, attività più o meno riconducibili a fenomeni di xenofobia che hanno snaturato la sua persona e manipolato impropriamente il costrutto psicosociale della memoria collettiva. Considerato sorti de bas lieu7, Mazzarino fu insultato, calunniato e minacciato di morte durante il suo ministero, diffamato attraverso les mazarinades8, demolito dai manuali scolastici, ignorato dal celebre illuminista Voltaire, disprezzato dai grandi storici quali Lavisse9, raccontato con malevolenza dalle Mémoires del cardinale di Retz10, dallo scrittore François de La Rochefoucauld, dal conte di Saint-Simon, da Madame de Motteville11, da Fenelon12, e gambizzato definitivamente dai romanzi di Alexandre Dumas padre, il quale ne ha tramandato un’immagine avviluppata e distorta.
Le più ignominiose accuse al cardinale-ministro, ritenuto inadeguato per la realtà politica francese e dedito a pratiche diplomatiche più tendenti agli espedienti che al buon governo, ebbero terreno fertile all’ombra di un livore diffuso nei confronti del dispotismo reale e «la finzione cinematografica ha fatto molto per turbare questo ritratto, accreditando il peggio più spesso del meglio»13. Tuttavia, fatta eccezione per la fervida e personale promozione di arti e artisti della sua patria d’origine, Mazzarino eseguiva esplicitamente le direttive di Richelieu14, di conseguenza il suo modus operandi non era affatto più italiano di un altro, semmai adattò i piani del suo predecessore al suo carattere decisamente più flessibile e accondiscendente.
A far luce sulla mole di menzogne che hanno oscurato la memoria di Mazzarino è stato il prezioso lavoro della ricercatrice francese Madeleine Laurain-Portemer15, la quale ha dedicato buona parte della sua vita a ribaltare l’immagine esistente del Cardinale, pubblicando oltre duemila pagine frutto delle sue approfondite ricerche. Parecchi, inoltre, sono stati gli scritti a suo favore, come quelli del biografo austriaco Karl Federn, o anche del conte di Saint-Aulaire16. Al revisionismo storiografico hanno contribuito ancora gli scrittori Pierre Gobert, Claude Lelong, Simone Bertière (vedasi Mazarin, le maître du jeu) e, in particolare, George Dethan, il primo studioso che ha avuto la temerarietà di leggere le centinaia di missive scritte dal Cardinale17, regalandoci un’altra versione dello statista ed evidenziando il suo incontestabile valore. Un importante apporto mediatico lo ha fornito anche il regista Pierre Cardinal, che in un famoso telefilm del 1978 lo tratteggia come geniale uomo di Stato ingiustamente ignorato, mentre un esaustivo saggio dello storico Stefano Tabacchi, pubblicato nel 2015, segna finalmente una cesura con la denigratoria memorialistica dell’epoca e restituisce attraverso un’ampia indagine filologica un’analisi critica assai convincente.
In conclusione, ne emerge una figura nettamente contrastante con quella tracciata dai memorialisti che ne hanno interpretato il profilo ricavandone un giudizio perlopiù personale, spesso discosto dalla verità storica. Alcuni considerano il cardinale italo-francese un manipolatore senza scrupoli, menzognere e affabulatore, un simulatore che il duca di Beaufort18 chiamava ‘l’illustrissimo furfante Mazzarino’19, altri ne sottolineano la grandezza e l’ineguagliabile devozione alla corona francese. Di fatto, fu la sua mediazione a cambiare il destino della Francia, fu il suo operato a rendere la nazione potente e gloriosa. Le riforme politiche avviate con i negoziati di Vestfalia innescarono, nell’arco di qualche decennio, il cosiddetto decollo industriale secondo la definizione del sociologo Walt Whitman Rostow, padre della Teoria degli stadi economici. Doveroso è restituire valore a un uomo che occupa un tassello fondamentale nel mosaico storico internazionale, peraltro estremamente attuale, e per farlo è necessario ripartire dalle sue origini, dal contesto socio-culturale in cui visse e, soprattutto, da dove tutto è cominciato, l’Abruzzo.
La nascita a Pescina
Per una bizzarra casualità, la data di nascita di Giulio Raimondo Mazzarino coincide con il giorno e il mese che segnarono il destino dell’ancient régime francese. Nacque infatti il 14 luglio 160220, a Pescina, borgo dell’Abruzzo Ulteriore, all’epoca unità amministrativa del Regno di Napoli. Il padre Pietro, originario della Sicilia, aveva sposato Ortensia Bufalini, nobildonna «de bonne famille mais désargentées», imparentata con la famiglia Colonna, l’antico lignaggio discendente dalla nobile gens Iulia21. Pietro si trasferì a Roma e divenne intendente dei domini di Filippo I Colonna, principe di Paliano e duca di Tagliacozzo. Quest’ultimo fece del giovane Mazzarino il suo protetto e lo affiancò al proprio figlio Girolamo, futuro cardinale e arcivescovo, col quale il ragazzo stringerà una lunga e proficua amicizia.
La nascita di Mazzarino nell’Abruzzo Ulteriore non fu tuttavia una casualità, come molti studiosi tendono a sottolineare, la famiglia aveva una certa familiarità con i luoghi. La nonna materna di Mazzarino, la poetessa Francesca Turini Bufalini22, infatti, trascorse l’infanzia e l’adolescenza ad Avezzano, mentre il padre Pietro, oltre a ricoprire la funzione di ‘auditore’ di Celano, si occupava di questioni amministrative per conto del cognato, l’abate Bufalini, responsabile del beneficio ecclesiastico di San Nicola Ferrato, che comprendeva, tra le varie responsabilità, la gestione dell’orfanotrofio per trovatelli e di un rifugio per viandanti situato nei pressi del valico di Forca Caruso.
Nel XVII secolo, Pescina era una piccola città in piena espansione. La sede vescovile era stata spostata da Marruvium a Pescina, dando vita all’arrivo di figure influenti tra cui membri della nobiltà locale e personalità ecclesiastiche. Sono gli anni in cui emersero nuove famiglie baronali grazie al sistema di conferimento degli incarichi che i nobili distribuivano per la gestione dei loro feudi, come avvenne tra Filippo Colonna I e Pietro Mazzarino. Pertanto, complice sia il ruolo attivo nella gestione degli affari del padre di Mazzarino, sia il clima favorevole mitigato dalla presenza del lago di Fucino, nel registro dei battezzati conservato nella Basilica di Santa Maria delle Grazie della città marsicana risulta nato anche il fratello Alessandro e le nipoti Maria e Olimpia, due delle celebri mazarinettes23, figlie di Geronima, sorella di Giulio. Inoltre, sempre nel territorio e più precisamente a Chieti nacque nel 1608 l’altra sorella del Cardinale, Laura Margherita, madre della futura regina consorte d’Inghilterra, Maria Beatrice d’Este. Poiché la famiglia trascorreva nella Marsica «la stagione estiva per godere nella sua residenza le fresche aure abruzzesi»24, è molto probabile che il giovane Mazzarino vi tornasse in vacanza, ma non esistono al momento fonti che possano documentarlo.
Tuttavia, durante le ministeriat, egli occultò accuratamente il suo luogo di nascita e, per motivi strettamente politici, si professò romano25. Il territorio, all’epoca, era sotto la dominazione spagnola, e la rivelazione delle sue origini avrebbe potuto esporlo ad accuse di tradimento in Francia. Proprio in quegli anni, infatti, l’Abruzzo, ritrovandosi in condizioni di estrema povertà e malessere diffuso, prese parte attiva nelle rivolte popolari contro le gabelle del viceré spagnolo. A Celano, sulle orme del napoletano Masaniello, il casato dei Peretti dovette gestire una grave sommossa guidata dall’aquilano Antonio Quinzi.
Fu appunto questa mancanza di chiarezza sulle sue origini a fornire ai nemici del Cardinale uno strumento per denigrarne la figura. Nel tentativo di mettere fine alle illazioni dei suoi detrattori, Mazzarino fece ricostruire la chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio a Roma, parrocchia dei genitori, allo scopo di registrarvi il suo battesimo. Nonostante l’evidenza dell’atto originale, quando fu redatto il Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica26, fu indicata proprio Roma quale luogo di nascita. L’errore fu in seguito rettificato ma è comunemente riportato nei testi storici.
Dalla scuola romana ad alter ego di Richelieu
In pochi anni, Giulio Raimondo Mazzarino brillò nell’alta società romana, conquistandosi l’amicizia e il favore di tutti con la gentilezza e la convivialità, atteggiamento che in molti scambiarono per ipocrisia27, e regalando con generosità i pezzi d’arte che continuava a fare arrivare dall’Italia. Divenne segretario personale di Richelieu, allora primo ministro di Luigi XIII e, in brevissimo tempo, si trasformò nel suo alter ego. Alla sua morte Mazzarino era lì, a raccoglierne l’eredità. Iniziò il suo operato politico laddove il suo predecessore terminò; non ne fu solo il continuum, ne fu il perfezionatore, adottando però un approccio meno aggressivo e più conciliante. Fu un duro colpo per coloro che ambivano a riappropriarsi del potere. Vedendosi sostituiti dall’ultimo arrivato e per giunta straniero, i detrattori adottarono ogni mezzo pur di denigrare la sua persona, nonché ordire contro di lui ogni sorta di cospirazione, compreso l’assassinio, tanto che «Mazzarino dovette ricorrere ad una piccola scorta»28 .
Fu un momento singolare della Storia: la Francia vide il suo destino nelle mani di una spagnola e di un “farabutto italiano” cresciuto tra gli intrighi della Roma papale. Sedici anni più tardi, questo italiano l’avrebbe messa al comando del mondo. La Regina, che fino ad allora aveva servito lo stendardo straniero, diventò la madre gloriosa di Luigi XIV identificandosi con la stessa Francia29.
Giulio Mazzarino rimase al comando della Francia finché Luigi XIV30non ebbe l’età per governare. Operò con impareggiabile astuzia e infinita pazienza nell’esclusivo interesse di un Paese che, nonostante tutto, fu ingrato. Tuttavia, il trattato di Vestfalia31 e i fatti della Fronda minarono irreversibilmente la sua salute. Se ne andò all’apogeo del suo potere32, non senza negoziare l’unione tra il Re e l’infanta di Spagna. Da lì a breve, la Francia si sarebbe trasformata nella più grande potenza europea. D’altronde, Richelieu lo aveva predetto: «Ha la testa per governare quattro imperi»33.
Note