Un nuovo progetto ha sempre il sapore di un lancio di dadi: non si sa come andrà. Eppure c’è un modo per indirizzare la puntata e far andare bene il lancio: ed è la professionalità, quella che non fa mai sbagliare perché è centellinata, capillare, universale. La “Calamide A.C.T.”, Accademia di Cinema e Teatro sita a Roma in Via Calamide 55, è proprio questo: un progetto non ancora partito ma già destinato ad essere vincente perché completamente rimesso alla competenza di professionisti, alla caratura di esperti, alla conclamata esperienza di persone che conoscono e vivono da anni il mondo dello spettacolo. I corsi prenderanno il via il 4 ottobre 2021 e fino ad allora rimangono aperte le iscrizioni al numero 3271674083. L’accademia si rivolge ad aspiranti attori, performers e registi ed attraverso masterclass, lezioni ed esercitazioni vuole formare alla dizione, alla recitazione cinematografica e teatrale, al canto, alla regia e al movimento scenico. Daniela Cerrone, Alessandro Grande, Vito Caporale e Giuseppe Abramo sono gli ideatori del progetto, nonché i docenti dell’Accademia e sono dotati ciascuno di un curriculum vitae invidiabile e fittissimo. Abbiamo intercettato Giuseppe Abramo, tra di loro, per qualche domanda.
Come nasce l’idea della Calamide A.C.T.?
Nasce per dare uno spazio ad aspiranti professionisti. Al giorno d’oggi, specialmente in una realtà come Roma, ci sono scuole che fungono un po’ da hobby e sono le stesse persone che le frequentano che fanno altri lavori. A parte il Centro Sperimentale e l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, sono davvero poche le accademie per professionisti, le scuole che preparano e formano. Molte servono d’immagine, d’impatto: si limitano ad incontri con personaggi anche blasonati, ma poi, tangibilmente, ciò che si porta a casa è poco. Noi vorremmo invece creare una scuola che offra una formazione per giovani e meno giovani, per persone che si affacciano con interesse al mondo della recitazione, persone che vogliono diventare performers e che possano avere un risultato concreto, dire “io esco da questa scuola e ho accresciuto le mie capacità e le mie conoscenze”. Non promettiamo lavoro perché farlo vuol dire prendere in giro le persone, però formare concretamente, quello, sì. Ultimamente, l’immagine che sta passando in giro è quella del talento. Punto. Senza regole, senza tecnica, senza basi. Si può diventare famosi così, dall’oggi al domani, perché si è seguiti sui social o altro. Io penso, invece, che alla lunga la conoscenza e la cultura paghino. Si può anche sfruttare l’onda del momento, ma senza arricchimento, conoscenza, miglioramento, studio…allora non ha senso.
Insistere sulla formazione, dunque. Perché è così importante?
Perché il mestiere dell’attore, come quello del regista, è un mestiere, appunto. Non si improvvisa. Bisogna studiare. Il talento, che pure può essere naturale, solo se accompagnato dalla tecnica offre un futuro più stabile e duraturo. Altrimenti si vive nell’epoca dell’improvvisazione. Purtroppo il nostro mestiere, non essendo riconosciuto tramite un albo, tramite dei sindacati veri, è un po’ il mestiere dell’“io ci provo: faccio l’attore, faccio il regista, faccio il cantante”. Dietro, invece, se non c’è una formazione, non si può andare avanti. Ci riempiamo tanto la bocca della parola “arte”, della parola “cultura”, però, alla base di queste nozioni, deve esserci uno studio perché altrimenti non parliamo né di arte, né di cultura…parliamo solo di fortuna, di momento da sfruttare.
Tu hai usato la parola “tecnica”. Entriamo dunque nel vivo della dimensione applicativa della formazione. A tal proposito, per quanto possibile, mi fai un esempio della “giornata tipo” in Accademia?
Essendoci quattro docenti, ci sono più discipline. La formazione che puntiamo a dare è a tutto tondo, nel senso che ci saranno elementi di recitazione, di impostazione vocale, di canto, di danza. Sono previste quattro ore al giorno, durante le quali ci saranno almeno due discipline se non tre. I giorni predestinati sono il lunedì e il mercoledì, proprio per dare il tempo ai ragazzi di assimilare concretamente, nei rimanenti giorni, ciò che viene fatto. Una formazione quotidiana continua non darebbe, invece, spazio ad altro e non intendo con “altro” solamente l’assimilazione. Questa accademia, infatti, vuole, in questo momento storico particolare, non interferire con il lavoro. Chi fa una scuola che lo occupa per tutta la settimana o è una persona ricca o è una persona che viene mantenuta. Siccome noi, invece, vogliamo dare la possibilità anche a chi ha bisogno di lavorare di non rinunciare alla formazione, allora abbiamo optato per questo sistema di scansione del tempo, per evitare di essere troppo intrusivi nella vita personale. Abbinare lo studio al lavoro. Si parte da zero. Si rispettano i tempi di ciascuno, con grande attenzione. È normale che chi ha già davanti a sè una preparazione venga accompagnato in un percorso mirato…ma chi è agli inizi viene ugualmente avviato e seguito con molta meticolosità.
Con quale indole, con quale atteggiamento dovrebbe arrivare un aspirante professionista all’interno dell’Accademia?
Due cose fondamentali: voglia di imparare e voglia di mettersi in gioco. Altri requisiti non ce ne sono. Si deve essere pronti ad abbandonare le proprie certezze, perché è solo abbattendo le proprie certezze che si costruisce una certezza generativa, nuova. E poi, soprattutto, perché, nel momento in cui si arriva in una scuola di recitazione, di regia, si deve essere pronti anche a divertirsi, a non prendersi troppo sul serio. Quello che ho scoperto, insegnando, in questi anni è che imparare a recitare, piuttosto che frequentare un corso di canto…aiuta a star bene, è qualcosa di terapeutico. La cosa più bella che mi hanno detto gli allievi che ho avuto è stata che “grazie a questa scuola non mi sono perso”, in quest’ultimo periodo in cui, invece, “perdersi” è stato facilissimo. Perdere gli stimoli, perdere la voglia di vivere, di divertirsi, di stare in mezzo ad altre persone. Indipendentemente dal fare carriera, uno può anche decidere di fare un corso per arricchimento personale, per crescita…per star bene, appunto. Abbiamo lavorato un po’ anche da supporto psicologico per queste persone, che magari erano sole, che non avevano più stimoli, che si sentivano incattivite. Ecco, un’altra cosa importante è che miriamo a formare dei gruppi, delle squadre, che poi lavoreranno insieme, che realizzeranno uno spettacolo e un cortometraggio completamente girato da loro. L’obiettivo è fare squadra, perché il singolo da solo non è possibile. Concedere anche una fetta della propria intimità a chi ci sta intorno aiuta a rinunciare alla parte “incattivita” di noi stessi.
Roma è in piena campagna elettorale. Ad un ipotetico assessorato alla cultura, di qualsiasi schieramento, cosa si può e si deve chiedere per le accademie? Lanciamo un appello!
Un’accademia deve chiedere di essere riconosciuta. Riconosciuta non perché abbia già un curriculum di tre anni, non perché abbia già un passato. Riconosciuta con criteri, metodi e parametri che ne giudichino la qualità formativa e professionale, indipendentemente che si tratti di una struttura storica, nuova o emergente. Lo dico perché di recente ho visto come poter ottenere un riconoscimento dal Miur e i criteri sono dispersivi e ghettizzanti: tre anni di attività precedenti, stages in almeno tre regioni italiane… dunque una nuova realtà, che magari ha le stesse qualità se non di più di una realtà preesistente, perché non può essere riconosciuta allo stesso modo se forma bene i ragazzi, se ha dei professionisti come docenti, se c’è qualità, se c’è una bella struttura alle spalle? Perché devono passare tre anni perché si abbia un riconoscimento? Tu, Miur, devi controllare ciò che faccio, non basta che io ti scriva su un foglio che sono tre anni che io ho lavorato bene e in tot regioni. Occorre una verifica, perché dietro un curriculum c’è sempre una persona. Altrimenti c’è un controsenso di base: si è sempre e comunque indietro.
Elena Caracciolo