Un concerto contro ogni pregiudizio e forma di razzismo per celebrare il Samuradipen, il genocidio Rom.
Travolgente, come solo una sinfonia che supera tutte le diversità può essere; emozionante come ogni canto che riaccende il ricordo di un dolore remoto; pionieristica, come la straordinaria performance dell’Alexian Group di Santino Spinelli, musicista e musicologo, docente universitario, che per la prima volta unisce la musica classica alla musica Rom.
Questi gli aggettivi più adatti al concerto etno-sinfonico trasmesso dal Parco delle Memorie di Lanciano, proprio nel luogo in cui è stato eretto un monumento in memoria dei 500mila Rom e Sinti trucidati dai nazisti. Un evento con il pubblico a distanza per le consuete restrizioni sanitarie, atto a celebrare il Samudaripen, in ricordo di quel 16 maggio 1944, quando Rom e Sinti misero a soqquadro il campo di Auschwitz riuscendo a salvarsi. Un’occasione, inoltre, per valorizzare l’immenso patrimonio musicale dei Rom italiani di antico insediamento, ancora poco conosciuto al grande pubblico del nostro Paese.
Patrocinata dall’UNAR, l’Ufficio antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Comune di Campobasso, dal Comune di Laterza – di cui Spinelli è cittadino onorario dal 2016, gemellato peraltro con il Comune di Lanciano, città che ha eretto l’unico monumento in Italia dedicato al Giorno dell’Orgoglio Rom – la manifestazione ha visto l’esibizione dell’Orchestra Sinfonica Rossini di Pesaro diretta dal M° Nicola Russo, che “ha aderito alla produzione con la consapevolezza di essere al cospetto di eccelsi artisti”, ha detto il presidente Saul Salucci, durante la Conferenza Stampa di apertura.
Sul palco con Santino Spinelli, probabilmente il più grande esponente della musica Rom in Italia, anche i figli Gennaro al violino solista, Giulia al violoncello ed Evedise all’arpa classica, le cantanti soprano Bianca D’Amore e Federica Serpente, e il tenore Nunzio Fazzini. Insieme gli artisti hanno dato vita a una celebrazione che ha raggiunto l’apoteosi nel momento sublime del canto lirico, sulle note di brani come Paquito e Romanò dives, una vera e propria elevazione della musica identitaria, quella romanì, a livello sinfonistico. Un concerto inclusivo che si muove oltre i confini etnici, che unisce molteplici stili che per la prima volta nella storia della musica occidentale si incontrano sul palcoscenico, e che in queste differenze trovano la loro massima esaltazione.
Una ripartenza dunque, non soltanto a livello logistico dopo un anno di pausa a causa della pandemia globale, ma con prospettive decisamente nuove. Una porta aperta sul confronto e sulle diversità attraverso un linguaggio universale fatto di suoni e ritmi, note e virtuosismi, che fin dalla notte dei tempi uniscono i popoli di ogni dove e che diventano “un mezzo di difesa culturale“.
Federico Di Mattia