17 FEBBRAIO 1600, IL ROGO DI GIORDANO BRUNO
9 GIUGNO 1889, IL MONUMENTO A GIORDANO BRUNO
17 FEBBRAIO 2021, L’IMMOBILE ITALICO LIBERO PENSIERO”
di Mario Cantoresi
In un’epoca di rivoluzioni e di rivoluzionari “Take away”, convinti di cambiare il mondo abbattendo i monumenti, desidero raccontarvi la storia della statua di Giordano Bruno in quel di Campo de’ fiori, a Roma.
Lo sanno tutti, Roma è bellissima e immortale, e in pieno centro storico, non molto distante da Piazza Navona, esiste un’altra piazza che, chissà per quale motivo, viene chiamata “Campo de’ Fiori.” In realtà tale gentile toponimo contrasta moltissimo con l’inquietante storia del luogo. Infatti, durante il periodo buio della Santa Inquisizione, almeno un centinaio di povere donne accusate di stregoneria vennero date alle fiamme nel centro esatto della piazza, e le loro ceneri furono disperse nelle viscere del terreno sottostante. Significa che molti turisti e anche una gran parte dei moderni romani, non sanno che quando passeggiano sereni in uno dei luoghi più caratteristici della capitale, in realtà stanno poggiando i loro piedi in un luogo che in un certo senso anticipò l’orrore dei forni crematori nazisti di quasi cinquecento anni!
A Campo de’ Fiori, il 17 febbraio 1600, venne arso vivo fra atroci sofferenze, anche un frate domenicano il cui nome di battesimo era Filippo, ma che alla storia universale del mondo è conosciuto come Giordano Bruno, nobile padre del “Libero pensiero”. La sua principale colpa? Dubitare del dogma della Santa Trinità.
Le cronache del Seicento ci parlano di uno spettacolo cruento e terribile ma, ancor di più del crimine di cui la Chiesa Cattolica Romana si macchiò per l’eternità, quel che sorprende sono gli eventi ad esso legati avvenuti nel corso dei secoli. La memoria di Giordano Bruno, malgrado i tentativi del Vaticano, non venne mai cancellata, e all’indomani della presa di Roma, avvenuta il 20 settembre 1870, lo spirito anticlericale che animava molti italiani, non perse occasione di rivendicare il primo, vero rivoluzionario della nostra penisola.
A questo punto occorre dire che l’annessione di Roma al Regno dei Savoia non fu affatto indolore. Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, beccò una scomunica da parte di Papa Pio IX che si rinchiuse nelle sue stanze (lui ed i suoi successori) per oltre cinquant’anni. Per questo motivo, nel 1877, allorquando un gruppo di studenti idealisti e mangiapreti raccolsero la somma necessaria per commissionare la statua di Giordano Bruno allo scultore notoriamente massone, Ettore Ferrari, successe un pandemonio. Tutti i poteri che da sempre gravitano sui colli fatali di Roma insorsero: Il Vaticano fece fuoco e fiamme, minacciò ulteriori scomuniche e smosse le folle dei fedeli. La Massoneria, che nel frattempo aveva elevato il povero frate arso vivo a proprio simbolo, finanziò in ogni modo le teste calde studentesche. I politici del giovane stato italiano, invece, non sapevano che pesci prendere, inaugurando in tal modo una lunga tradizione italica ancor oggi attualissima! Si giunse così nel 1888, anno in cui gli studenti universitari romani organizzarono numerose manifestazioni per erigere il monumento (oggi invece accade il contrario: li abbattono) ma il consiglio comunale di Roma, all’epoca controllato dalla maggioranza filoclericale, cercava di ostacolare l’edificazione tramite strategie burocratiche, fin quando il sindaco Leopoldo Torlonia (che fra l’altro aveva enormi interessi nella Marsica) a causa del suo attaccamento alle istituzioni ecclesiastiche venne rimosso dall’incarico dal Presidente del Consiglio Francesco Crispi. Le elezioni politiche del giugno 1888 si concentrarono sulla questione del monumento a Giordano Bruno, e furono perse clamorosamente dai filoclericali e vinte dai liberali. Finalmente, il 9 giugno 1889, venne inaugurato a Campo de’ Fiori l’atteso monumento.
Quel che accadde dopo è da antologia: Papa Leone XIII, infuriato, digiunò per un’intera settimana inginocchiato davanti alla statua di San Pietro, inveendo contro «la lotta ad oltranza accesasi verso la religione cattolica». Poi, vista l’inutilità della sua protesta, minacciò di abbandonare Roma per rifugiarsi in Austria qualora la statua non fosse stata rimossa. Il Primo Ministro italiano Francesco Crispi, ex garibaldino e molto amico di Nino Bixio, anticlericale irriducibile, a tale intenzione rispose serafico: “Se Sua Santità dovesse andare via dall’Italia, non potrà più tornare. Fu così che fra uno strepito ed una minaccia i toni vennero abbassati da tutte le parti ma la Chiesa non riuscì a digerire la questione della statua e all’epoca dei Patti Lateranensi, siglati tra Benito Mussolini e Pio XI, l’11 febbraio 1929, i cattolici chiesero di nuovo la rimozione della statua e l’erezione al suo posto di una cappella di espiazione al Sacro Cuore di Gesù. Mussolini però non accettò, probabilmente perché ricordava i disordini accaduti non molti anni prima. Inoltre, Giovanni Gentile, il filosofo del fascismo, era un estimatore di Giordano Bruno e si fece sentire clamorosamente nelle stanze private del Duce a Palazzo Venezia. Nonostante ciò il Duce garantì che non si sarebbero più tenute manifestazioni per commemorare Giordano Bruno e, a tal riguardo, pronunciò anche un discorso alla Camera dei Deputati il 13 maggio 1929. Oggi, il tanto discusso monumento è ancora al suo posto anche se nessuno ne conosce più la singolare storia.
Esso è carico di significati simbolici. La statua si trova nel luogo in cui Giordano Bruno venne arso vivo sul rogo ed è proprio da quel punto che il volto indirizza uno sguardo severo e austero verso il Vaticano, ovvero il suo carnefice. Le mani del pensatore sono incrociate su un grande libro, come se una catena gli legasse i polsi e rendesse impossibile aprirlo. Ad infittire ulteriormente il mistero contribuisce anche il cappuccio che mette in ombra il viso del frate. La statua è diventata un simbolo della libertà di pensiero e della volontà dell’uomo a lottare in difesa delle proprie idee ma… non crederete mica che il Vaticano si sia arreso così facilmente? Assolutamente no! preti, lo sanno tutti, ne conoscono una più del diavolo ed è così che, in accordo con le autorità romane ed italiche, venne trovato un brillante escamotage. In barba ai divieti urbanistici ai proprietari dei palazzi che sorgevano di fronte al volto della statua fu finanziato l’innalzamento di ben due piani degli immobili, in modo tale da nascondere la veduta della Basilica di San Pietro ai frequentatori di Campo de Fiori. Oh… per cortesia, nessuna meraviglia e nessuna polemica, il machiavellico genio italico non può assolutamente essere represso: appartiene da sempre al nostro DNA!!!