di Alina Di Mattia
Sono trascorsi oltre quarant’anni dalla réclame dei jeans Jesus che mostrava il primo lavoro fotografico di Oliviero Toscani. Le provocanti immagini, corredate da alcuni slogan chiaramente allusivi ai versetti evangelici, non furono gradite alla Chiesa e diedero vita a numerose polemiche.
Persino Pier Paolo Pasolini si schierò contro la campagna pubblicitaria definita, per l’epoca, oltraggiosa ed offensiva. Aveva previsto, già da allora, come i media potessero pericolosamente dare spazio a “leggerezza, superficialità, ignoranza, vanità del telespettatore” e diventare appunto “un mezzo di spaventoso regresso e di genocidio culturale per due terzi degli italiani”.
Quando nacque il World Wide Web, il numero di persone con accesso ad Internet era decisamente basso e possedeva un livello di istruzione mediamente alto. La netiquette di ogni community era molto rigida e aveva un netto controllo sul comportamento degli utenti in Rete. Bastava poco per venire bannati. Allo stesso tempo, la TV offriva ancora programmi e talk show in cui l’educazione era di casa. Non esisteva il ruolo di protagonismo dettato dai nuovi media. Erano i giornali ad occuparsi dell’informazione, erano i conduttori televisivi di quella TV pedagogica ed elegante che ha forgiato generazioni di italiani. Persino i partiti politici svolgevano un ruolo differente, e non si basavano sul successo mediatico dei propri leader, come invece accade oggi, per misurare o addirittura per creare da zero il proprio consenso!
Ma se inizialmente la Rete ricercava utenti preparati e magari con qualche peculiarità o talento, per sopravvivere oggi si appoggia sul bisogno di protagonismo di chiunque. Tutti possono diventare qualcuno per una manciata di ore, talvolta anche per una stagione, in TV come sui social. La regola è semplice: essere tracotanti e colpire in basso.
Ci sono finiti in tanti nel mirino degli haters del web: vip, personaggi politici, alcuni papi. Ma se chi ha voce, e spesso potere, riesce a difendersi da qualsiasi attacco, lo stesso non si può dire per chi non è preparato alla gogna mediatica.
Volgarità e arroganza forgiano nuovi e discutibili personaggi televisivi e anche i loro fan, modificando abitudini e modus vivendi degli spettatori, ipnotizzati e storditi da programmi di bassa levatura che sfornano personaggi grotteschi, pagati per apparire in alcuni salotti televisivi che hanno fatto fortuna proprio con il gossip da quattro soldi. Un calderone di sguaiataggine e rozzezza che a una come me, nata negli anni ’70 e cresciuta con la TV dei ragazzi, sta decisamente stretto.
Sembra una banalità, ma tutto ciò che gli utenti medi vedono sul web e in TV autorizza gli stessi a comportarsi esattamente in quel modo. La vicenda di Paliano che sta sconvolgendo l’opinione pubblica in queste settimane, nasce proprio dall’emulazione di certi fenomeni da baraccone. Fenomeni che hanno convinto buona parte della generazione 3.0 – ma fortunatamente abbiamo anche giovani virtuosi e di cui possiamo essere orgogliosi – che per diventare qualcuno non serva studiare, anzi, meglio non saper far nulla, con il risultato non solo di non essere in grado di accettare i fallimenti e le conseguenze di scelte inevitabilmente sbagliate, ma che tutto il patrimonio artistico-culturale che abbiamo e che ci invidiano all’estero è quello appartenente al passato, musica compresa.
La nuove generazioni si nutrono di sessismo, bullismo, becera maleducazione che poi viene riproposta a scuola contro gli insegnanti, sul posto di lavoro a spese dei colleghi, per strada con il malcapitato di turno, sui social contro sconosciuti. Triviali, a casa come a scuola, mentre gli educatori rimangono sempre più soli, senza l’appoggio delle famiglie e neppure dello Stato. Inutile indignarsi e fare i giustizieri sui social,quando si crescono figli che non hanno rispetto per se stessi e per gli altri, che non accettano regole, punizioni, o consigli!
E a noi la maleducazione che divide et impera proprio non ci piace. Ci ricorda quanto la società abbia fallito non soltanto nel creare una matrice rilevante di esempi totalmente fuorvianti, ma nel riproporli in continuazione oltraggiando la pubblica decenza.
La soluzione potrebbe essere quella di ristabilire con fermezza i ruoli di ciascun attore sociale, e spegnere definitivamente la TV trash.
Articolo pubblicato dallo stesso autore sul quotidiano Il Centro del 1º novembre 2020